Con questa ordinanza il Tribunale ha dato ragione ad una studentessa di una università slovacca che ha impugnato il provvedimento di diniego di trasferimento al secondo anno della facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Brescia, motivandolo col mancato superamento dei test ministeriali. La studentessa, assistita dall’avvocato Massimo Sidoti, ha presentato ricorso ed ha ottenuto la sospensione del diniego di iscrizione, e quindi il riconoscimento del diritto ad iscriversi senza il superamento del test.
N. 00148/2014 REG.PROV.CAU.
N. 01066/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 1066 del 2013, integrato da motivi aggiunti, proposto da: C. M., rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Sidoti, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Carlo Zima, 3;
contro
Universita’ degli Studi di Brescia, Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Distrettuale Stato, domiciliata in Brescia, via S. Caterina, 6;
nei confronti di
G.C., A. N.;
per
l’annullamento, previa concessione di misura cautelare,
( A – ricorso principale) della graduatoria degli ammessi ai trasferimenti ad anni successivi al primo del corso di laurea in Medicina e chirurgia presso l’Università di Brescia, pubblicata sul relativo sito nel settembre 2013 e dopo il 13 ottobre 2013, nella parte in cui non ammette la ricorrente al trasferimento al secondo anno di corso; del provvedimento comunicato in data 11 novembre 2013, con cui il Responsabile dell’UOC Segreteria Medicina dell’Università di Brescia ha denegato alla ricorrente il suddetto trasferimento; del verbale 24 ottobre 2013 del Consiglio di corso di laurea in medicina e chirurgia presso l’Università di Brescia; delle disposizioni interministeriali concernenti l’accesso degli studenti stranieri ai corsi presso le università nazionali- prot. n°602 del 18 maggio 2011;
(B – ricorso per motivi aggiunti) della nota 24700/13 dell’Unità operativa supporto legale dell’Università di Brescia; della documentazione in tale nota citata, e in particolare: della deliberazione, di estremi non noti, con cui il Consiglio di corso di studio in Medicina e chirurgia ha ritenuto di non valutare le istanze di studenti provenienti da Università estere; della deliberazione, di estremi non noti, con cui è stato determinato il numero di studenti iscrivibili in tre per il secondo anno e cinque per il quinto anno; nonché comunque la condanna dell’Università intimata a proseguire il procedimento sino alla immatricolazione; Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Universita’ degli Studi di Brescia e di Ministero dell’Istruzione dell’Universita’ e della Ricerca;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l’art. 55 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa; Ritenuta la propria giurisdizione e competenza;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2014 il dott. Francesco Gambato Spisani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Rilevato:
– che la ricorrente iscritta al secondo anno del corso di laurea in Medicina e chirurgia presso un’università della Repubblica Slovacca, si è vista denegare il trasferimento al corrispondente anno di corso presso l’Università di Brescia per non avere superato le prove d’accesso previste dall’ordinamento nazionale per coloro i quali aspirino ad iscriversi a quel corso (doc. 5 ricorrente, copia diniego impugnato);
– il punto di diritto rilevante ai fini della decisione può riassumersi così come segue: quali siano le norme applicabili nel caso in cui lo studente –nella specie, cittadino italiano- il quale sia già iscritto ad una Università straniera domandi il trasferimento presso una Università italiana per ivi iscriversi ad un anno di corso successivo al primo del corrispondente corso di laurea, e in particolare se ed entro che limiti siano applicabili le norme sul cd. numero chiuso di cui alla l. 2 agosto 1999 n°264. Si noti da subito che per tale fattispecie le norme di diritto europeo, in particolare quelle concernenti la libertà di circolazione delle persone, sono in astratto solo limitatamente rilevanti, in quanto il problema si pone nel caso di trasferimento da qualunque Università, non necessariamente appartenente ad uno Stato dell’Unione Europea;
– che allo stato mancano disposizioni espresse, e quindi le norme applicabili vanno ricostruite in via interpretativa. In primo luogo, il trasferimento presso Università italiana dello studente, italiano o straniero, di una Università estera è in linea di principio ammesso dai formalmente tuttora vigenti articoli 147 del R.D. 31 agosto 1993 n°1592 e 12 del regolamento applicativo R.D. 4 giugno 1938 n°1269, che lo subordina, in sintesi estrema, alla prova della conoscenza della lingua italiana e all’accertamento dell’effettivo valore degli studi già compiuti, in base al quale si determinano “l’ulteriore svolgimento della carriera scolastica” e in particolare “l’anno in corso cui i richiedenti possono essere iscritti”. Tale norma di principio va integrata con la normativa sopravvenuta, alla luce in particolare della Costituzione repubblicana, e va ritenuta tuttora vigente anche in termini sostanziali, con i contenuti di cui appresso;
– che la circolazione ampiamente intesa degli studenti fra Paesi appare ora conforme al diritto internazionale, cui ai sensi dell’art. 11 Cost. si conforma l’ordinamento della Repubblica. Nei limiti della presente sede di sommaria cognizione, va ricordata anzitutto la Carta di Dakar, propriamente “Framework of action”, adottata il 26-28 aprile 2000 sotto gli auspici dell’UNESCO, che considera l’istruzione interesse della comunità globale, e non dei singoli Stati, e soprattutto la Convenzione di Lisbona 11 aprile 1997 sul riconoscimento dei titoli di studio relativi all’insegnamento superiore nella Regione europea, ratificata dall’Italia con l. 11 luglio 2002 n°148. In tale testo, il trasferimento di studenti fra Università di diversi Paesi è riconosciuto dall’art. V della Convenzione, e la competenza a deliberare in merito è assegnata dall’art. 2 della legge alle Università nell’ambito della loro autonomia, in Italia oltretutto già riconosciuta dall’art. 33 ultimo comma Cost.;
– che rispetto a tale norma di principio, nel senso, in sintesi, della piena ammissibilità del trasferimento, la ricordata l. 2 agosto 1999 n°264 si pone come eccezione sotto un duplice profilo. Il primo è quello di stabilire un limite, per taluni corsi di laurea – fra i quali quello di medicina e chirurgia che qui rileva- ai posti disponibili. Il secondo è quello di imporre una prova il cui superamento è condizione per iscriversi al primo anno di corso;
– che nella specie va valutato anzitutto il primo ordine di limiti. La ricorrente ha chiesto il trasferimento per un posto vacante, sì che ella non mette nominalmente in discussone il “numero chiuso”, e il provvedimento impugnato con il ricorso principale sul punto non si sofferma. Peraltro, in corso di causa, l’Amministrazione, con la nota 24700/13 dell’Unità operativa supporto legale prodotta nella relazione 13 dicembre 2013, e impugnata con motivi aggiunti ad evidenti fini cautelativi, appare aver negato che il posto sussista, e ciò ha ribadito nella relazione 18 marzo 2014, comunque acquisita perché all’evidenza rilevante. Si osserva che è interesse pubblico che tali posti vacanti siano effettivamente coperti, per evitare uno spreco di risorse; i posti vacanti devono però effettivamente esistere;
– che il secondo ordine di limiti, la prova di accesso di cui all’art. 4 comma 1 della l. 2 agosto 1999 n°264, così come risulta dalla norma, verte su “apposite prove di cultura generale, sulla base dei programmi della scuola secondaria superiore, e di accertamento della predisposizione per le discipline oggetto dei corsi medesimi” e quindi non può che riguardarsi come eccezionale e non suscettibile di applicazione analogica. Sarebbe infatti illogico imporre una prova pensata per l’accesso al primo anno di corso a chi aspiri all’iscrizione ad un anno successivo, atteso che all’interesse pubblico a che siano ammessi solo aspiranti effettivamente preparati al livello richiesto si risponde per altra via, segnatamente attraverso gli accertamenti previsti in linea di principio dall’art. 12 del R.D. 1269/1938 e da disciplinarsi in dettaglio in via generale nell’esplicazione dell’autonomia universitaria, ai sensi dell’art. 2 l. 148/2002. Si dissente quindi motivatamente dall’indirizzo espresso da C.d.S. sez. VI 10 aprile 2012 n°2063, che ritiene comunque necessario il test di ingresso nei termini di cui al citato art. 4 l. 264/1999;
– che a ciò non ostano le norme europee in materia di libera circolazione delle persone, dalle quali, ad avviso del Collegio, non si può desumere un principio di automaticità del trasferimento, senza verifiche di sorta da parte dell’Università ricevente. Si concorda sul punto con la citata C.d.S. 2063/2012, nel senso che allo stato l’ordinamento europeo non abbia armonizzato le procedure di ammissione ai corsi di studio, per le quali, come si è visto, si è ritenuto di stipulare l’apposita Convenzione di Lisbona;
– che in definitiva il Collegio non può che confermare, con la motivazione di cui sopra, l’orientamento già espresso da questo TAR con la sentenza sez. II 31 luglio 2013 n°724 (§ 22), per cui: (a) l’istanza di trasferimento del ricorrente deve essere presa in considerazione, in quanto tale esame corrisponde a un’aspettativa tutelata sia dal diritto interno sia da quello internazionale; (b) i tempi di esame dell’istanza devono essere rapidi, e compatibili con le esigenze organizzative riguardanti l’iscrizione e la frequenza alle lezioni nel nuovo anno accademico; (c) previamente alla valutazione dell’istanza, l’Università – cui spetta la relativa discrezionalità tecnica ex art. 2 della legge 148/2002- deve fissare dei criteri generali di ponderazione degli esami sostenuti all’estero e dei crediti formativi, e deve poi prendere in esame in concreto il percorso formativo del ricorrente, eventualmente chiedendo integrazioni documentali o chiarimenti; (d) non è ammessa l’imposizione di test di ingresso o misure equivalenti relative all’immatricolazione al primo anno di corso; (e) qualora la valutazione dia esito favorevole, il ricorrente deve essere iscritto all’anno di corso successivo a quello frequentato all’estero, a condizione – che nel caso presente non è certa- che, nel rispetto del numero chiuso, vi siano posti residui in conseguenza di trasferimenti o abbandoni, oppure disponibilità nei posti riservati a cittadini extraunione non soggiornanti; (f) in relazione all’eventualità che le istanze di trasferimento da università italiane o estere siano superiori ai posti liberi, l’Università può dotarsi di criteri di comparazione non discriminatori per stabilire una graduatoria di merito;
– che quindi il fumus del ricorso sussiste, nei termini esposti;
– che le spese di fase si possono compensare, attesa la novità e complessità della questione;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) accoglie la domanda cautelare disponendo che l’amministrazione riesamini l’affare nei termini di cui in motivazione. Fissa per la trattazione del merito la pubblica udienza del 15 ottobre 2014. Spese di fase compensate.
La presente ordinanza sarà eseguita dall’Amministrazione ed è depositata presso la segreteria del tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti. Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2014 con l’intervento dei magistrati:
Mario Mosconi, Presidente
Mauro Pedron, Consigliere
Francesco Gambato Spisani, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/03/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)