Con questa sentenza, la Corte di Appello di Genova ha riformato una sentenza del Tribunale dei Minorenni di Genova che aveva dichiarato aperta la procedura di adottabilità di una minore. La Corte d’Appello ha accolto le istanze dei genitori, stabilendo che l’interesse primario del minore é quello di vivere coi propri genitori biologici, con la conseguenza che la pronuncia sull’adottabilità deve tenere conto di questo principio generale.
SENTENZA N. 91/2015
N. 201/2015
R.G. 20112015 V.G.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO Dl GENOVA
SEZIONE SPEClALIZZATA PER l MINORENNI
Composta dei seguenti magistrati
Dott. ANGELA LATELLA Presidente
Dott. MARlA TERESA ODDONE Consigliere
Dott. FRANCA MAGANZA Consigliere relatore
Dott. ANTONELLA ARATA Componente Onorario
Dott. AURO CAPONE Componente Onorario
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella procedura di adottabilità relativa alla minore M.L.M. , nata a Pietra Ligure il 19/8/2010, promossa con ricorso in appello da M.D. e S.L.M – elettivamente domiciliati in Genova via Assarotti 7, presso l’Avv. A.B. , rappresentati dall’avv. Antonella Maggio del foro di Palermo come da mandato in atti
APPELLANTI
Nei confronti di
AVVOCATO M.C. quale tutore della minore M.L.M
APPELLATA
E con l’intervento del
PUBBLICO MINISTERO — in persona dei Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Genova
CONCLUSIONI
Per gli Appellanti:
“chiedono che codesta Ecc.ma Sezione per i Minorenni della Corte di Appello di Genova voglia revocare il decreto del n. 59/10 ADS del 15/10/2010 con il quale è stata dichiarata aperta la procedura di adottabilità detta minore M.L.M. nata a Pietra Ligure il 19/08/2010, nonché la sentenza n. 161/2014 sopra indicata.”
Per il tutore della minore:
“ conclude affinché l‘Ecc.ma Corte di Appello edita voglia riformare e/o revocare quanto già deciso dall’On.le Tribunale per i Minorenni di Genova con ia propria sentenza n.161/14 e, in particolare, valutare la possibilità di emettere, sentiti i genitori biologici della minore e gli affidatari, la dichiarazione dello stato di adottabilità della minore , ex art. 44 L. 184/83, con la conseguente statuizione del mantenimento dei rapporti tra la stessa ed i genitori biologici.”
Per il P.M.:
“rigetto dell’appello.”
MOTlVl IN FATTO E DlRITTO DELLA DEClSlONE
Con sentenza n. 161 del 27/10-11/12/2014, il Tribunale per i minorenni di Genova dichiarava lo stato di adottabilità della minore M.L.M. nata a Pietra Ligure (SV) il 19/8/2010, interrompeva qualsiasi rapporto tra la minore e qualsiasi familiare e nominava tutore l’avvocato M.C. del foro di Genova.
Il primo giudice premetteva che: tre mesi prima della nascita della piccola, il centro di salute mentale di Albenga aveva segnalato la grave situazione personale della madre, affetta da disturbo schizzo affettivo con un’importante sintomatologia ansiosa in personalità incline alla conversione somatica; che la donna, seguita dal 1992, faceva parte di un nucleo familiare assai problematico da cui aveva cercato di emanciparsi sposando un giovane albanese, dal quale aveva avuto un bimbo, affidato al momento della separazione al padre; —che nel 2009 S.L.M aveva iniziato una nuova relazione con M. D. , padre di M.L.M. ; -che durante la gravidanza la S.L.M. aveva manifestato riacutizzarsi della sintomatologia ansiosa e dei timori ipocondriaci, per cui i medici avevano ritenuto opportuno segnalare la situazione alla Procura presso il Tribunale per i minorenni; che le difficilissima carenze del contesto familiare potenzialmente dannoso per la bimba avevano determinato l’emissione del provvedimento del 20/8/2010 con cui la stessa era stata affidata al Comune di Alassio per l’immediato inserimento insieme alla madre in idonea comunità; —che, attuato il 2/9/2010 il progetto comunitario, non contestato dai genitori, che peraltro avevano ribadito il loro affetto per la figlia e la loro volontà di non perderla, la madre aveva evidenziato gravi limiti nella gestione della bimba, delegata completamente alle operatrici della struttura, per cui con provvedimento del 15/10/2010 era stata disposta l’apertura del procedimento adottivo; —che “paradossalmente” nel periodo successivo la S.L.M. aveva dimostrato un radicale cambiamento in positivo, segnalato dalla comunità con relazione del 3/11/2010 in cui si evidenziava che la madre si era impegnata con assiduità e costanza nell’accudire la bimba, dimostrando nei fatti di aver raggiunto un buon livello di serenità ed equilibrio, “ la S.L.M. esplicitava la sua gioia di vivere in un contesto stimolante e protettivo e giungeva ad anteporre i bisogni della figlia alle richieste del compagno”; —che, tuttavia, tale improvvisa maturazione si era dimostrata di breve durata, poiché ben presto erano riemersa le problematiche personali già manifestate al momento dell’ingresso in struttura, fino a che la donna si allontanava dalla comunità lasciandovi la bimba per tornare a vivere con il M.D. presso l’abitazione della madre; —che i dissidi e le tensioni in casa della nonna materna di M.L.M. avevano spinto i genitori a trasferirsi in Sicilia nell’isola di Favignana, luogo di origine del M.D. , alla ricerca di una stabile sistemazione abitativa e lavorativa; — che nell’attesa di trasferirsi in Sicilia i genitori della minore si erano recati puntualmente agli incontri settimanali con la figlia rimasta nella struttura; -che nel febbraio 2011, trasferitisi i genitori a Favignana, la bambina era stata collocata in affido etero familiare; —che i genitori, sentiti dal giudice delegato il 22/4/2011, avevano dichiarato di opporsi all’adozione della figlia, affermando di essere in procinto di cambiare vita e di poter quindi in un prossimo futuro prendersene cura in modo stabile ed adeguato; – che il M. D. aveva fatto presente che a Favignana viveva sua sorella G. , che sposata con tre figli, si era offerta di aiutarli e di prendere in affido la nipotina; —che l‘11/5/2011 era giunta un’istanza dalla zia paterna M.G. , con cui quest’ultima aveva esplicitato la richiesta, come anticipato dei genitori, di avere in affido la nipotina, precisando che i genitori si erano ben inseriti nella piccola comunità dell’isola e non presentavano problemi; —che il servizio sociale di Favignana con relazione del 22/6/2011 aveva dato atto che il nucleo familiare di M.G. era sicuramente idoneo e pronto ad accogliere la piccola in un contesto ricco di affetto e di solidi valori educativi; —che la zia, a ciò invitata, aveva preso contatto con il servizio affidatario, ma aveva manifestato agli operatori scarsa consapevolezza delle problematiche del fratello e della compagna, per cui, ritornata a Favignana, con una lettera al tribunale per i minorenni, aveva ritirato la propria disponibilità all’affidamento; -che, riconvocati, i genitori della bimba che, all’udienza del 24/1/2012, avevano ribadito di opporsi alla sua adozione ed avevano affermato di condurre una vita tranquilla e regolare e di aver superato definitivamente i loro problemi personali, non si erano però attivati per incontrarla, nonostante si fossero recati regolarmente ad Alassio per incontrare i propri familiari, ma senza contattare il servizio per organizzare le visite alla bimba; «the nel frattempo una cugina della madre, L.M.M.C si era presentato al giudice delegato, chiedendo l’affido della bimba con il consenso dei genitori che l’avevano a tal fine contattata per avere un aiuto da lei ;-che di essa aveva dato un giudizio molto positivo il servizio sociale di Mussomeli, confermando che poteva contare su una vasta rete familiare molto coeso e disponibile; -che a fronte di questa richiesta il Tribunale aveva ritenuto opportuno procedere a consulenza tecnica d’ufficio per mettere a fuoco definitivamente le effettive risorse familiari e valutare in modo approfondito la soluzione più opportuna per la bimba; —che dall’indagine peritale risultava che i genitori pur esprimendo un affetto genuino non riuscivano, per i loro limiti, a formulare una progettualità concreta diretta a costruire una relazione minimamente significativa con la figlia ; —che gli stessi genitori erano in qualche modo consapevoli della loro inadeguatezza tanto che avevano prospettato l’affido della bambina ad un consanguineo, la sorella dei padre prima e la cugina della madre poi, che peraltro avevano ritirato la disponibilità offerta inizialmente di fronte alle gravi problematiche della coppia ; -che la cugina della madre, sentita dalla c.t.u. aveva dichiarato di ritenere troppo gravoso l’affitto a sé della bimba tenuto conto dei problemi dei genitori, mentre la zia zia paterna aveva rinunciato ad occuparsi della nipote prima ancora che venisse licenziata la c.t.u. e nessun altro familiare si era attivato ne aveva offerto la sua disponibilità ;-che rimanevano esclusivamente i genitori ma nessuno dei due appariva in grado di farsi carico delta figlia, avendo bisogno di essere supportati ed aiutati in un percorso di maturazione certamente lungo e difficile, ma essendoci da parte loro assoluta negazione di qualsiasi problema personale, sarebbe impedita la formulazione stessa di un progetto in tal senso -che l’esperienza comunitaria della madre era emblematica, poiché potendo avere la possibilità di restare con la figlia in un contesto protettivo ed adeguato, lo aveva abbandonato con pretesti futili e fantasiosi, per cui non si trattava di una volontà abbandonica, ma di una radicale incapacità di confrontarsi con la realtà.
Sulla base di tutti questi elementi il Tribunale per i minorenni concludeva per l’esistenza di uno stato abbandonico irreversibile della bimba conseguente ad un’incapacità assoluta di entrambi i genitori a prendersene cura.
Contro questa sentenza hanno proposto appello, con atto depositato ii 27/3/2015, M.D.e S.L.M. , genitori naturali della minore, chiedendo la revoca del decreto n. 59/10 ADS dei 15/10/2010 con il quale è stata aperta la procedura di adattabilità della minore e la sentenza n. 161/2014.
Lamentano, innanzitutto, i genitori naturali di M.L.M. la violazione del contraddittorio poiché al momento dell’apertura della procedura ADS non era stato loro nominato un difensore d’ufficio benché essi non avessero provveduto alla nomina di un difensore di fiducia. Il difensore d’ufficio, avvocato Arturo Bava era stato nominato solo in data 22/3/2011, in sede di convocazione per l’udienza del 22/4/2011, successivamente quindi ai decreto dei 15/10/2010; inoltre, non era stato dato avviso ai difensore d’ufficio dell’udienza del 26/8/2011 nella quale erano state sentite le assistenti sociali Obbia eMeda e la psicologa M. Guidi.
Argomentano in fatto: —che l’allontanamento dalla comunità era stato una conseguenza detta violazione da parte della S.L.M. del regolamento per essersi allontanata per due notti; —che i genitori si erano sempre attenuti agli incontri programmati e che il trasferimento a Favignana era stato motivato dei difficili rapporti con i familiari della S.L.M. e per problemi economici; -che i genitori avevano sempre manifestato contrarietà all’adozione della bimba ed avevano cercato tutte le soluzioni possibili che potessero permettere loro di stare vicini alla propria figlia, come la possibilità dell’affido alla sorella del padre naturale, la cui rinuncia non era stata motivata da quanto indicato dagli operatori, ma perché il servizio aveva prospettato un trasferimento di M.G. con il marito a Genova per un lungo periodo di tempo, situazione impossibile per motivi sia familiari che lavorativi, avendo la coppia tre figli ed un lavoro a Favignana.
Contrariamente a quanto rilevato dal tribunale lo strumento dell’affitto era inteso dagli odierni appaltanti come uno strumento che li aiutasse a rimanere vicini alla bambina e non come una “consapevolezza della propria inadeguatezza” come sottolineato in sentenza. l genitori con grande fatica hanno trovato un equilibrio personale e sociale e non hanno, nonostante le difficoltà mai dimenticato la figlia o tenuto comportamenti che potessero mostrare mancanza di interesse nei suoi confronti, così come provano le numerose lettere (13/6/2012, 16/7/2012, 2/8/2012, 8/10/2012, 16/10/2012, 30/10/2012) che avevano inviato presso il difensore d’ufficio nelle quali manifestavano sempre il desiderio di incontri e contatti con ia figlia. Nei dicembre 2012, insieme con una cugina
delle L.M. avevano formulato al giudice delegato un nuovo progetto di affidamento, ma anche questo tentativo non era stato concretizzato.
Lamentano, in particolare, gli appaltanti quanto segue.
L’intero procedimento è nato da una segnalazione dei sanitari del centro di salute mentale che avevano riscontrato la presenza di un disturbo schizo-affettivo con sintomatologia ansiosa nella S.L.M.
La sentenza si fonda esclusivamente su relazioni redatte da assistenti sociali e psicologi nelle quali non poteva essere present una diagnosi tanto meno una terapia ed una prognosi. in ogni caso, si tratta di una patologia che può essere emendata farmacologicamente. Pertanto, la mancanza di una valutazione medica completa e di valutazioni mediche in ordine alla terapia e prognosi non possono avere conseguenze sulla valutazione di inidoneità fatta in sentenza nei confronti della S.L.M . La sentenza è dunque carente perché non è stata data prova della sussistenza di una patologia psichiatrica certa e che questa abbia un risvolto irreversibile in capo al minore.
Tenuto conto del disturbo psichiatrico denunciato, la ctu. avrebbe dovuto essere incentrata principalmente sull’aspetto medico piuttosto che solo sull’aspetto psicologico.
Gli appaltanti denunciano le carenze anche tecniche della c.t.u., in particolare non sono stati somministrati i più opportuni test valutativi, non viene constatato alcun dato oggettivo su cui fondare opportune considerazioni e conseguenti conclusioni, l’elaborato si basa su considerazioni di tipo soggettivo dell’estensore, come tali potenzialmente opinabili.
La figura del M.D. è trattata sempre marginalmente, come una persona incapace di provare sentimenti, inadeguata a gestire la situazione, tuttavia è sempre stato presente agli incontri settimanali con la figlia. Non si tiene conto della semplicità della persona, cresciuta in un ambiente umile, abituato a fare i lavori più umili con un titolo di studio basso. Neppure la c.t.u. sfugge a tali limiti.
Dal 2010 a 2014 non è stato fatto nessuno sforzo per ricompattare ii nucleo familiare naturale per il bene della bambina, mentre si è cercato di trovare un’immediata soluzione alternativa nella famiglia affidataria. Non vi è nessun dato certo sulla pericolosità del nucleo familiare d’origine. Tutto è basato su ipotesi, nulla è stato fatto per rimuovere le difficoltà del nucleo emerse nel 2010 -2011. Vi è, dunque, un difetto nell’istruttoria, poiché il trasferimento dei due genitori nell’isola di Favignana è stato positivo, avendo dato loro una certa stabilità economica, il M.D. lavora e percepisce un reddito adeguato, e sociale e con il passare dei tempo la vicinanza dei congiunti ha notevolmente migliorato le loro condizioni di vita e le loro capacità. I servizi sociali locali sono stati immediatamente contattati ed hanno manifestato la loro disponibilità a seguire ii nucleo familiare. La S.L.M. potrebbe essere adeguatamente supportata e seguita dal compagno che è un soggetto in buone condizioni psico-fisiche nonché dal nutrito gruppo dei parenti dello stesso che abitano in loco e che godono della stima e del rispetto dell’intera comunità dell’isola. Le dimensioni della comunità sono piccole e questo facilita il monitoraggio dei genitori da parte dei servizi.
Denunciano gli appellanti l’erroneità della sentenza laddove viene affermata la sussistenza di “una condizione di abbandono non transitoria e non colmabile riconducibile alla grave inadeguatezza dei due genitori”. L’argomentazione è errata poiché non tiene conto delle difficoltà economiche superate, del trasferimento in luogo più sereno e familiare, della collaborazione con i servizi sociali locali e non, dell’abitazione di proprietà e del sostegno familiare e di tutti gli altri elementi positivi evidenziali. La sentenza è frutto di un difetto di istruttoria, che deve essere ben più articolata in considerazione del carattere di extrema ratio dell’istituto dell’adozione fra le varie soluzioni possibili a tutela del minore. L’istruttoria ha “consentito di rilevare insufficienze nel nucleo familiare ma, ma oltre a non esserne emersa la non transitorietà, non e stata raggiunta fa prova dell’impossibilità di interventi di sostegno da parte dei Servizi e che l’unica soluzione possibile fosse quella adottata dal tribunale”.
l genitori di M.L.M. censurano la sentenza, sostenendo l’insussistenza dei presupposti previsti dall’articolo 15 della legge 184/1983, in particolare i genitori convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 si sono sempre presentati; hanno sempre cercato contatti con la propria figlia; dopo il trasferimento in Sicilia la condizione economica e sociale è cambiata; vi è stato una palese disponibilità ad ovviare alle problematiche prima evidenziate; non risulta alcun decreto motivato con prescrizioni ai genitori ed ai parenti rimaste inadempiute.
Infine, rilevano l’inutilizzabilità del verbale di udienza 26 agosto 2011 per violazione del diritto del contraddittorio per mancato avviso ai genitori il loro difensore, con pregiudizio del diritto di difesa.
La sentenza è pervenuta ad una conclusione erronea ed in contrasto con i dettami della legge che fornisce indicazioni molto precise, prevedendo che il minore ha diritto di crescere e comunque frequentare la propria famiglia d’origine che anche se è non la migliore in assoluto comunque costituisce la sua famiglia ed i suoi legami. Si dolgono che la decisione sia stata adottata sulla base delle sole osservazioni fatte in un periodo ben preciso nel corso del quale il nucleo si è trovato in grosse difficoltà oggi in via di superamento ed in parte fatte in violazione del diritto ciel contraddittorio.
Si è costituito, con deposito di memoria, il tutore della minore M.L.M , lamentando in primo luogo il fatto che il Tribunale per i minorenni, contrariamente al vero, ha evidenziato l’assenza di conclusioni da parte sua e nel depositare nuovamente la memoria all’epoca depositata e le conclusioni precisate, ha ribadito l’insufficiente istruttoria svolta, gli accertamenti ormai risalenti nel tempo e comunque lacunosi anche in relazione al cambiamento dello stile di vita dei genitori della minore e si associa alla richiesta di riforma e/o revoca della sentenza sottolineando nuovamente che gli elementi emersi riguardanti i genitori naturali non appaiono tali da determinare un totale al taglio dei legami con la figlia.
All’udienza odierna le parti si sono richiamate ai rispettivi atti: insistendo come in essi ed il PG. ha concluso come in epigrafe trascritto.
Occorre in via preliminare osservare che contrariamente a quanto affermato in sentenza, il tutore della minore aveva formulato le proprie conclusioni, segnalando le lacune istruttorie e considerando sia la situazione attuale della minore che la necessità che la stessa non perda i contatti con la famiglia di origine, non sussistendone gli elementi.
Ad avviso di questa Corte l’appello è fondato. La delicatissima vicenda e stata trattata in un arco temporale di ben quattro anni, con grande superficialità, con un’istruttoria assolutamente carente ed una valutazione erronea degli elementi comunque acquisiti, senza alcuna verifica del perdurare delle condizioni esistenti al momento dell’apertura della procedura, ed in violazione dell’art. 15 della l. 184/1983, dal momento che come rilevato dalla difesa degli appaltanti, sia il padre che la madre della minore si sono sempre presentati quando convocati, hanno più volte chiesto della figlia con varie missive tutte rimaste senza risposta e di cui il Tribunale ha totalmente ignorato l’esistenza, non risultano prescrizioni impartite e non rispettate.
Va rilevato che, proprio in considerazione del fatto che la procedura era partita per le problematiche di tipo psichiatrico della madre, tale situazione avrebbe dovuto essere vagliata dal punto di vista medico e non solo psicologico, per cui tale doglianza degli appaltanti appare senz’altro meritevole di considerazione, non essendo stato per anni svolto nessun tipo di accertamento e quindi per avere affidato a una mera relazione psicologica la verifica dell’idoneità dei genitori. Tra l’altro la relazione è insufficiente perché priva di riscontri oggettivi che consentano un’adeguata valutazione delle conclusioni adottate (non va dimenticato che il collegio minorile è costituito da componenti esperti nelle materie psichiatriche e psicologiche che sanno, dunque, leggere la documentazione necessaria per consentire una completa verifica della consulenza). Nel caso in esame vi è soltanto una serie di valutazioni soggettive dei tecnico che non possono essere in alcun modo considerate criticamente. Pertanto, non vi è alcuna prova dell’irreversibilità detta patologia inizialmente segnalata e comunque dette possibilità terapeutiche.
Emerge dalla lettura della sentenza che lo stesso sviluppo degli eventi che hanno coinvolto i protagonisti della vicenda non sono stati presi in alcuna considerazione dal Tribunale per i minorenni.
Pur netta loro semplicità i genitori di M.L.M. hanno adottato la soluzione migliore al fine di superare le gravi difficoltà in cui si trovavano. Sia la fragilità della S.L.M. , sia le problematiche lavorative del M.D. sono state adeguatamente affrontate e risolte, con il trasferimento in un ambiente protettivo per la S.L.M. e positivo per il M.D. che ha trovato la possibilità di svolgere un’attività remunerative e comunque di risolvere anche il problema abitativo con la sistemazione presso la residenza dei padre con cui vi è armonia di vita. Non è stato minimamente tenuto conto delle valutazioni positive dei familiari del M.D. effettuate dal Servizio Sociale di Favignana. È stato dato rilievo alle dichiarazioni rilasciate dalle assistenti sociali e dalla psicologa del Comune di Alassio rese in un’udienza in cui non sono state convocati gli odierni appaltanti e che quindi non hanno potuto eventualmente contestare quanto riferito. Il Servizio Sociale di Alassio ripetutamente riferisce di mancanza di contatti dei genitori con il servizio, di disinteresse per la minore, quando agli atti sono numerose le lettere della S.L.M. e del M.D. in cui gli stessi chiedono informazioni della piccola e manifestano il forte desiderio di darle l’amore che provano per lei. Tali lettere non hanno trovato nessun riscontro. Si è parlato delta rinuncia detta zia all’affido, senza considerare le vere motivazioni. E‘ vero che non risulta documentata la circostanza (riferita dalla difesa degli appaltanti) che tale rinuncia sia stata motivata detta richiesta del servizio di Alassio di soggiorni prolungati in quest’ultimo comune, tuttavia vi sono seri elementi circa la verità di tale posizione, dal momento che proprio all’udienza del 26/8/2011 la psicologa e le assistenti sociali di Alassio affermarono di voler effettuare valutazioni approfondite su di loro. È evidente che chiedere ad una famiglia di modeste condizioni economiche, con tre figli, di spostarsi per un periodo non breve dall’isola di Favignana (Sicilia) ad Alassio sia veramente chiedere troppo e in modo oculato la zia di M.L.M. ha declinato l’impegno per non compromettere la propria famiglia. Non si è tenuto conto dei grossi valori affettivi che vengono sottratti alla piccola con una pronuncia di interruzione totale di tali rapporti. Non si è tenuto conto delle valutazioni molto positive della cugina della mamma, L.M.M.C. , che è stata definita oberata della cura dei genitori, addirittura strumentalizzata. Il Servizio Sociale di Mussomeli in data 12/3/2013 ha fornito dei dati ben diversi. Certamente lo stimolo a fare il passo e venuto dalla mamma di M.L.M. , tuttavia parlare di strumentalizzazione appare veramente ingiusto per delle persone di elevato valore morale. Nella relazione si legge di L. M.L.C. che “lavora come infermiera professionale presso l’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta dove svolge il suo lavoro con passione, impegno e professionalità avendo cura e rispetto per chi soffre. La signora L.M.L.C. si presenta ben curata nell’aspetto, serena e con un carattere dolce; con molta pacatezza ha descritto la sua situazione familiare e le motivazioni che l’hanno spinta a prendere la decisione di chiedere l’affidamento della piccola M.L.M. , figlia di una sua cugina cui da ragazza era molto legata. Infatti, appena venuta a conoscenza delle problematiche familiari della cugina non ha esitato a dare il proprio aiuto” …. .. “Tutti i componenti il nucleo familiare allargato hanno tra loro un ottimo rapporto e si collaborano per tutte le esigenze familiari, specialmente per accudire i propri genitori”. L.L.M. ha ben cinque fratelli, per cui chiudere ii discorso definendola gravata dall’onere dei genitori, pare alquanto riduttivo e del tutto avulso dalla conoscenza degli aspetti positivi della realtà sociale dei meridione e soprattutto dai dati forniti dalia relazione dei servizio. Il Servizio scriveva: “La scelta fatta da Lucia è apprezzata e sostenute anche dai genitori e dai fratelli che danno tutto il loro appoggio. La situazione socio-economico della signora è abbastanza solida, grazie al suo reddito, alla pensione di entrambi i genitori ed al fatto che vive in una casa di proprietà, può permettersi un tenore di vita medio-alta e si ritiene che abbia le capacità per accudire la bambina e garantire l’assistenza, la cura, il mantenimento, l’istruzione e tutto l’amore necessario per vivere serenamente”.
Privare M.L.M. degli affetti di tutti questi familiari di cui vi sono oggettivi riscontri da parte di altrettanti Servizi Sociali forse più mirati a valutare la sana crescita di una minore in un ambiente caldo ed accogliente dove la solidarietà familiare emerge evidente sia tra i familiari del padre che dalla madre (se si escludono i nonni materni di M.L.M.), e contrario allo spirito della legge sull’adozione. Già il Servizio Sociale di Favignana nei febbraio 2012 aveva scritto che M.D. oltre alla sorella ha otto zii e 19 cugini, tutti collocati in vari ambiti lavorativi, sia da parte del padre che della madre deceduta 11 anni fa…” Emerge che la sfera parentale è abbastanza presente e disponibile alla collaborazione.
Tornando ai genitori di M.L.M. è un elemento di fondamentale importanza, oltre alla scelta residenziale, anche il fatto che la coppia arrivata a Favignana —si legge nella relazione dei servizio “si era presentata spontaneamente al Servizio Sociale esponendo da subito la toro situazione”. Si legge ancora “Essi appaiono umili, uniti e semplici nei modi. La signora S.L.M. chiede che la bambina venga a vivere a Favignana con loro. Durante la visita domiciliare entrambi hanno manifestato i loro progetti futuri in particolare su come sistemare fa camera da tetto. La signora M.G., sorella di M.D., ed il loro padre sono stati presenti ad un colloquio, manifestando la loro viva partecipazione nell’aiutare la coppia”. Forse sarebbe stato opportuno allora valutare la situazione con la bimba sul luogo, piuttosto che ignorare quanto di positivo vi era intorno a M.L.M. Ciò non è stato fatto, la piccola è stata inserita in una famiglia ben lontana dalla sua e non le è stato neppure consentito di conoscere la sua realtà e quanto di bello c’è nella sua famiglia di origine. Le è stato già negato di sapere chi è la sua vera mamma, prima ancora di valutare la sussistenza delle condizioni per lasciarla nella sua famiglia in modo adeguato e compatibile con le esigenze lavorative e familiari dei congiunti che hanno dato le proprie disponibilità.
Indubbiamente occorre tener conto di quella che è stata la scelta di vita a lei imposta in tutti questi anni, ma prima di troncare ogni legame con le sue origini è bene effettuare valutazioni di ben più ampio spessore di quanto sia stato fatto, ignorando sempre le richieste dei genitori naturali.
È condivisibile la doglianza degli appellanti secondo cui e stato valutato erroneamente il loro tentativo di trovare dei familiari disposti all’affidamento. In realtà hanno valutato l’obiettivo di chi aveva il potere di decidere sul futuro della loro bambina ed hanno fornito delle scelte di persone sempre molto positive.
È stato anche eccessivamente enfatizzato l’allontanamento della S.L.M. dalla comunità (nel 2010). innanzitutto, la donna si è allontanata per due notti ed è quindi stato adottato il provvedimento conseguente alla violazione del regolamento. ln secondo luogo, non si è valutato che si trattava di una donna motto fragile che aveva bisogno di adeguati sostegni personali per potersi dedicare alle esigenze della piccola e che comunque non aveva commesso gesti sconsiderati, ma aveva solo cercato il compagno che costituiva la fonte dette sue certezze. Era certamente una donna, una mamma in difficoltà, bisognava allora comprendere quali aiuti terapeutici potevano essere necessari, non condannarla per il futuro senza adeguate e congrue diagnosi e prognosi. Nulla è stato fatto in tanti anni per verificare l’attualità di quelle valutazioni e si sono messe di fatto te persone disponiti ed idonee a supportare i genitori nell’impossibilità di affrontare un possibile affidamento.
Alla necessità di tutelare la piccola non ha fatto seguito l’analisi e la verifica (tantomeno approfondita e rigorosa) della non transitorietà della situazione della madre di M.L.M. nonostante siano emersi tanti elementi favorevoli ed indicatori di un possibile cambiamento. Ad esempio, la sorella del M.D. (come ricordato dalla stessa sentenza) aveva precisato che sia il fratello che la S.L.M. si erano ben inseriti nella piccola comunità dell’isola e non presentavano problemi. Pur di fronte ai positivi riscontri dei Servizi Sociali di Favignana, sul padre non vi è alcun serio approfondimento, non potendosi definire tali le scarne e soggettive considerazioni della consulenza, sulla madre, come visto, non vi è alcun approfondimento clinico.
In tutto questo procedere, ad avviso della Corte, vi e stata la violazione dei principi più volte sottolineati dal giudice di illegittimità secondo cui: “il diritto del minore di crescere nell’ambito della propria famiglia d’origine, considerata l’ambiente più idoneo al suo armonico sviluppo psicofisico, è tutelato dall’art. 1 della legge 4 maggio 1983, n. 184. Ne consegue che il giudice di merito deve, prioritariamente, verificare se possa essere utilmente fornito un intervento sostegno diretto a rimuovere situazioni di difficoltà o disagio familiare, e, solo ove risulti impossibile, quand’anche in base ad un criterio di grande probabilità, prevedere il recupero delle capacità genitoriali entro tempi compatibili con la necessità del minore di vivere in uno stabile contesto familiare, e legittimo e corretto l’accertamento dello stato di abbandono. (Sez. 1, Sentenza n. 6137 del 26/03/2015 (Rv. 634844); “il diritto del minore a crescere ed essere educato nella propria famiglia d’origine comporta che il ricorso alla dichiarazione di adottabilità sia praticabile solo come “soluzione estrema”, quando, cioè, ogni altro rimedio appaia inadeguato con l’esigenza dell’acquisto o del recupero di uno stabile ed adeguato contesto familiare in tempi compatibili con l’esigenza del minore stesso; qualora però, a prescindere dagli intendimenti dei genitori e dei parenti, la vita da loro offerta a quest’ultimo risulti inadatta al suo normale sviluppo psico-fisico, ricorre la situazione di abbandono ai sensi dell’art. 8 della legge 4 maggio i983, n. 184, e la rescissione del legame familiare è l’unico strumento che possa evitargli un più grave pregiudizio (Sez. 1, Sentenza n. 881 del 20/01/2015 (Rv. 633978); “in tema di adozione di minori, la prioritaria esigenza per il figlio di vivere, nei limiti del possibile, con i genitori biologici e di essere rilevato nell’ambito della propria famiglia, alla stregua del legame naturale oggetto di tutela ai sensi dell’art. 1 della legge 4 maggio i983, n. 184, impone particolare rigore nella valutazione dello stato di adattabilità ai tini del perseguimento del suo superiore interesse.” (Sez. 1, Sentenza n. 11758 del 26/05/2014 (Rv. 631309).
Vanno, dunque, condivise le richieste sia dei genitori di M.L.M. che del tutore.
L’appello deve, quindi, essere accolto e la sentenza interamente riformata, con la revoca della dichiarazione dello stato di adottabilità.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando,
in accoglimento dell’appello ed in totale riforma della sentenza gravata, revoca la dichiarazione dello stato di adottabilità della minore M.L.M.
Genova 12/6/2015